Minori e social, l’esperta di Alma Mater: “Limitare accesso non basta”

Annalisa Guarini, docente del dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna, fa alcune riflessioni sull’uso delle tecnologie da parte dei ragazzi, partendo dalla vicenda della piccola Antonella, bambina di 10 anni morta a Palermo per una prova estrema da pubblicare sul web.

BOLOGNA – Limitare l’accesso ai social per i giovanissimi “è fondamentale per la loro tutela”. Ma questo blocco da solo non basta. Allo stesso tempo, “è necessario sostenere i genitori affinché possano coltivare il dialogo e il confronto con i propri figli quando iniziano a utilizzare le tecnologie”. In altre parole, così come si chiede ai propri figli com’è andata la giornata a scuola o l’allenamento, allo stesso modo si può (e si deve) parlare con loro anche delle loro attività e amicizie sui social. Ne è convinta Annalisa Guarini, docente del dipartimento di Psicologia dell’Alma Mater di Bologna, da anni impegnata in ricerche nell’ambito della psicologia dello sviluppo e dell’educazione.

A partire dalla vicenda della piccola Antonella, la bambina di 10 anni morta a Palermo nei giorni scorsi mentre col cellulare riprendeva una prova estrema da pubblicare sui social, Guarini affida le sue riflessioni all’agenzia ‘Dire’.

Dottoressa Guarini, qual è l’aspetto che l’ha colpita di più della vicenda di Palermo? I fatti, per come si sarebbero svolti, o l’eco mediatica che ne è scaturita?

L’aspetto che sicuramente colpisce è il dolore che avvolge in primo luogo la famiglia di Antonella, tutte le persone a lei vicine e in generale tutta la comunità. Credo che leggendo la storia di Antonella ognuno di noi si sia immedesimato nel dolore dei genitori e nell’incomprensione di come una giovane vita possa essersi interrotta per una sfida. Non mi ha sorpreso quindi l’eco mediatica e spero che gli articoli apparsi sui giornali, le riflessioni presenti in rete e attraverso la televisione possano essere un monito per tutti noi adulti, affinché storie come quelle di Antonella non si ripetano.

Dopo il caso di Palermo, il Garante della privacy ha limitato l’accesso a Tik Tok agli under 13. Può essere una misura utile per frenare o fermare questi fenomeni?

Limitare l’accesso a una specifica età anagrafica è fondamentale per la tutela dei giovanissimi e per aumentare la consapevolezza nei ragazzi e negli adulti di riferimento rispetto ai rischi che possono celarsi nella rete attraverso i social. Tuttavia accanto alla limitazione dell’accesso a Tik Tok, è necessario sostenere i genitori affinché possano coltivare il dialogo e il confronto con i propri figli quando iniziano ad utilizzare le tecnologie. Quando si acquista un cellulare per il proprio figlio è necessario, infatti, accompagnarlo nella conoscenza della rete, monitorare le attività che svolge e soprattutto aprire un ponte e un dialogo rispetto alla vita ‘online’. Se infatti siamo abituati a chiedere ai ragazzi cosa hanno fatto di interessante a scuola, com’è andato l’allenamento in palestra, cosa hanno fatto al parco con gli amici, più raramente chiediamo loro chi hanno incontrato sui social, quali sono le maggiori ‘challange’ del momento e cosa li interessa particolarmente.

Sui social sembrano diffondersi sempre più queste sfide estreme tra ragazzini. Da dove nasce e come si spiega questo fenomeno? E perché attrae così tanto?

In generale i social si diffondono e attraggono gli adolescenti perché permettono loro di rafforzare le relazioni già esistenti e di costruire nuove reti sociali soprattutto per chi ha maggiori difficoltà nell’entrare in relazione. Avere relazioni con il gruppo dei pari è per l’adolescente un aspetto cruciale nella formazione della propria identità, svincolandosi dall’influenza dei genitori verso nuove relazioni e nuovi modelli di riferimento. Proprio all’interno di questa ricerca della propria identità i social possono essere una risorsa, ma anche un rischio se i modelli presentati sono sbagliati e se propongono sfide sempre più rischiose. I giovani sono particolarmente vulnerabili perché la ricerca del rischio caratterizza il periodo adolescenziale con un continuo bisogno di mettersi alla prova per affermare la propria indipendenza, testare i propri limiti, vivere emozioni intense senza valutare accuratamente le conseguenze delle proprie azioni.

Chi in questo momento sta portando avanti un atteggiamento sbagliato rispetto a questo fenomeno? Qual è l’errore di lettura più grave che si sta compiendo e che non aiuta a risolvere la situazione?

L’errore di lettura più grave è pensare che quello che è accaduto è lontano dalle nostre case e impossibile per i nostri ragazzi. La storia di Antonella deve insegnare che non possiamo lasciare libero accesso alla rete, soprattutto ai giovanissimi, senza un monitoraggio o un accompagnamento, pensando che non sia pericoloso solo perché lo fanno tutti o perché come adulti non ci sentiamo competenti. Al contrario dobbiamo essere attenti ai segnali di allarme che gli adolescenti ci inviano per poter intercettare tempestivamente possibili rischi.

Il lockdown e questo lungo periodo vissuto tra distanziamento e didattica a distanza hanno influito sull’utilizzo dei social da parte dei più giovani? In che modo?

Il lockdown e soprattutto il distanziamento sociale non hanno permesso ai giovani di incontrarsi, di confrontarsi, di emozionarsi e di sperimentare relazioni con effetti negativi per il loro benessere psicologico come indicato dai primi studi emersi a livello nazionale e internazionale. I social in questo caso sono stati una risorsa importante per i giovani per poter mantenere le relazioni e restare in contatto, indicando come le tecnologie possano avere importanti potenzialità. Tuttavia i social non possono essere l’unico spazio e luogo di incontro ed è quindi necessario che gli adolescenti possano tornare a sperimentare relazioni faccia-a-faccia, mantenendo un equilibrio tra vita reale e vita online. Alla luce delle difficoltà relazionali che possono essere emerse a seguito del lockdown, il Lions Club International e il Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna, con il patrocinio dell’Ufficio scolastico regionale per Emilia-Romagna, hanno reso disponibile uno spazio di ascolto per tutti gli studenti e i loro genitori che incontrano difficoltà relazionali con i propri pari o che sono vittime di episodi di bullismo e cyberbullismo. Tutti gli incontri sono svolti in modalità telematica e sono gratuiti. È possibile prenotare un appuntamento scrivendo a psi.peers@unibo.it

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