La gestione dei rifiuti al tempo del Covid-19

Il 22 aprile si celebrerà il 50esimo anniversario della Giornata della Terra.
La pandemia in atto dovrebbe farci riflettere sull’impatto antropico sul nostro pianeta: dalla deforestazione alla riduzione della biodiversità, dalla degradazione degli habitat al consumo di suolo e alla diffusione di specie alloctone fino all’incremento della produzione dei rifiuti.

Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, infatti, la chiusura e il rallentamento di molte attività industriali hanno determinato la saturazione degli stoccaggi sia di impianti di riciclo, sia di impianti di gestione rifiuti come il TMB (trattamento meccanico biologico) e i termovalorizzatori.

Inoltre, l’aumento della diffusione di dispositivi di protezione (mascherine e guanti) sta generando un picco nella produzione dei rifiuti sanitari.

Tutto ciò causerà delle implicazioni gravissime sulla filiera della raccolta differenziata e sull’intero sistema di gestione dei rifiuti urbani e speciali.

Tali problematiche sono prevalentemente legate ad una carenza di possibili destinazioni per specifiche tipologie di rifiuti, all’assenza di una dotazione impiantistica specifica, alla carenza di dispositivi individuali di protezione per tutti gli addetti del settore e, nel caso dei rifiuti urbani, a difficoltà organizzative e logistiche causate dalla deviazione di alcuni flussi della raccolta differenziata a quella indifferenziata (ad esempio fazzoletti, rotoli di carta, teli monouso, ecc).

Tuttavia, le nostre azioni individuali possono ridurre i problemi ambientali sopra menzionati e individuare nuove soluzioni.

Infatti, piccoli gesti come la riduzione al minimo degli sprechi alimentari e l’autoproduzione possono promuovere un uso responsabile delle risorse della Terra.

Al termine della pandemia, inoltre, sarà necessario incentivare l’economia circolare attivando un mercato delle materie prime seconde e dei prodotti realizzati con materiali provenienti dal riciclo.

Dall’analisi dei dati Eurostat 2018 si evidenzia però che il tasso di circolarità , indicatore fondamentale in grado di illustrare la diffusione dell’economia circolare, in Italia è diminuito rispetto al 2014 (18.5%), mentre in Francia, in Germania e nel Regno Unito è incrementato.

L’Italia importa più materie prime riciclate di quante ne esporti. L’economia circolare in Italia, nonostante abbia raggiunto nel recente passato risultati importanti, non è ancora ampiamente sviluppata.

Inoltre, nel 2019 l’Italia ha aggiornato la Strategia nazionale per la bioeconomia ma, a differenza di altri Paesi europei, non si è ancora dotata di una Strategia nazionale e di un Piano di azione per l’economia circolare.

Infatti, in merito al tema dell’economia circolare, è stato elaborato solamente il Documento di inquadramento e di posizionamento strategico “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”.

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